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Tino Petrelli (1922-2001)

Valentino Petrelli, detto Tino, nasce il 6 agosto 1922 a Fontanafredda, in provincia di Pordenone, nel 1934 la famiglia si trasferisce a Milano cercando una vita migliore.

 Nel 1937, ancora adolescente, iniziò a lavorare come garzone presso l’agenzia fotografica Publifoto, fondata da Vincenzo Carrese. Dopo un anno, fu inviato a fotografare il Gran Premio delle Nazioni a Milano: scattò un’immagine ravvicinata della narice di un cavallo al traguardo, pubblicata su Corriere della Sera, guadagnandosi così la stima di Carrese e un ruolo importante nell’agenzia.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, venne arruolato come fotografo militare e inviato sul fronte russo, ma rientrò per motivi familiari. Al momento della liberazione di Milano, documentò con impatto visivo la detenzione dei corpi di Mussolini, Claretta Petacci e altri gerarchi fascisti appesi in Piazzale Loreto, immagini che divennero simbolo della fine del regime.

 Africo (1948): realizzò un reportage sulla miseria e l’emarginazione del paese calabrese Africo, pubblicato su L’Europeo insieme all’articolo di Tommaso Besozzi. Le immagini suscitarono forte impressione nell’opinione pubblica e acceso il dibattito sulla “questione meridionale”.

Alluvione del Polesine (1951): documentò le devastazioni dell’alluvione che costrinse all’evacuazione di circa 150.000 persone.

Sport e cultura: immortalò momenti iconici come Fausto Coppi sul Passo dello Stelvio con la scritta “W Fausto” tracciata sulla neve (scatto per cui egli stesso disegnò la scritta), ma anche scene popolari quali le mondine, concorsi di bellezza come Miss Italia o il paesaggio industriale del dopoguerra.

Professione e stile
Petrelli rimase legato a Publifoto fino al, dedicando la sua carriera al fotogiornalismo. Il suo stile si caratterizzava per la forza documentale, la sobrietà e l’umanità, con immagini capaci di raccontare la realtà senza filtri, anticipando il linguaggio del neorealismo cinematografico.
Negli anni ‘60 ridusse l’attività di reportage per dedicarsi maggiormente ad ambiti pubblicitari e industriali. Dopo aver trasferito i suoi archivi a Piacenza, si spense l’8 settembre 2001 nella stessa città.
Sebbene meno noto rispetto alle sue fotografie, il valore storico e visivo della sua opera è ampiamente riconosciuto. Nel 2023, a Piacenza, si è tenuta la mostra “Tino Petrelli racconta l’Italia – Il Novecento di un grande fotoreporter”, promossa dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano in collaborazione con l’Università di Parma, che ha raccolto le sue immagini più celebri e rafforzato la sua memoria artistica e storica.

Tino Petrelli è stato un protagonista essenziale della fotografia realistico-documentaria in Italia, capace di raccontare con intensità e partecipazione visiva decenni cruciali del Novecento italiano: dalla dittatura fascista, alla guerra, alla ricostruzione e al boom economico. Le sue immagini, a volte indimenticabili pur senza che molti conoscano il suo nome, restano oggi una memoria viva del passato e un punto di riferimento per il fotogiornalismo.

Fonte e link utili: https://it.wikipedia.org/wiki/Tino_Petrelli

Le opere

Portfolio “Immagini Italiane” AFIP

di Tino Petrelli (1922-2001)

400,00

Tino Petrelli (1922-2001)

Valentino Petrelli, detto Tino, nasce il 6 agosto 1922 a Fontanafredda, in provincia di Pordenone, nel 1934 la famiglia si trasferisce a Milano cercando una vita migliore.

 Nel 1937, ancora adolescente, iniziò a lavorare come garzone presso l’agenzia fotografica Publifoto, fondata da Vincenzo Carrese. Dopo un anno, fu inviato a fotografare il Gran Premio delle Nazioni a Milano: scattò un’immagine ravvicinata della narice di un cavallo al traguardo, pubblicata su Corriere della Sera, guadagnandosi così la stima di Carrese e un ruolo importante nell’agenzia.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, venne arruolato come fotografo militare e inviato sul fronte russo, ma rientrò per motivi familiari. Al momento della liberazione di Milano, documentò con impatto visivo la detenzione dei corpi di Mussolini, Claretta Petacci e altri gerarchi fascisti appesi in Piazzale Loreto, immagini che divennero simbolo della fine del regime.

 Africo (1948): realizzò un reportage sulla miseria e l’emarginazione del paese calabrese Africo, pubblicato su L’Europeo insieme all’articolo di Tommaso Besozzi. Le immagini suscitarono forte impressione nell’opinione pubblica e acceso il dibattito sulla “questione meridionale”.

Alluvione del Polesine (1951): documentò le devastazioni dell’alluvione che costrinse all’evacuazione di circa 150.000 persone.

Sport e cultura: immortalò momenti iconici come Fausto Coppi sul Passo dello Stelvio con la scritta “W Fausto” tracciata sulla neve (scatto per cui egli stesso disegnò la scritta), ma anche scene popolari quali le mondine, concorsi di bellezza come Miss Italia o il paesaggio industriale del dopoguerra.

Professione e stile
Petrelli rimase legato a Publifoto fino al, dedicando la sua carriera al fotogiornalismo. Il suo stile si caratterizzava per la forza documentale, la sobrietà e l’umanità, con immagini capaci di raccontare la realtà senza filtri, anticipando il linguaggio del neorealismo cinematografico.
Negli anni ‘60 ridusse l’attività di reportage per dedicarsi maggiormente ad ambiti pubblicitari e industriali. Dopo aver trasferito i suoi archivi a Piacenza, si spense l’8 settembre 2001 nella stessa città.
Sebbene meno noto rispetto alle sue fotografie, il valore storico e visivo della sua opera è ampiamente riconosciuto. Nel 2023, a Piacenza, si è tenuta la mostra “Tino Petrelli racconta l’Italia – Il Novecento di un grande fotoreporter”, promossa dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano in collaborazione con l’Università di Parma, che ha raccolto le sue immagini più celebri e rafforzato la sua memoria artistica e storica.

Tino Petrelli è stato un protagonista essenziale della fotografia realistico-documentaria in Italia, capace di raccontare con intensità e partecipazione visiva decenni cruciali del Novecento italiano: dalla dittatura fascista, alla guerra, alla ricostruzione e al boom economico. Le sue immagini, a volte indimenticabili pur senza che molti conoscano il suo nome, restano oggi una memoria viva del passato e un punto di riferimento per il fotogiornalismo.

Fonte e link utili: https://it.wikipedia.org/wiki/Tino_Petrelli

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